Affondamento volontario dei relitti: un’occasione mancata?

Articolo di Francesca Frisone

Se ne fa un gran parlare, in ambito internazionale, come di un’attività “virtuosa”, a basso impatto ambientale, volta ad incentivare il ripopolamento ittico o il turismo subacqueo di un determinato sito: parliamo dello scuttling, l’affondamento volontario di navi o simili strutture industriali (dall’inglese “to scuttle”). Ad oggi, in America, si contano circa 700 scafi già affondati per realizzare barriere artificiali. Senza andare lontano dalle nostre coste, Malta – attualmente la terza meta turistica per subacquei più frequentata dopo Egitto e Maldive – ha aperto senza tentennamenti allo scuttling, e più in generale ha scelto di investire nell’industria turistica legata alle attività marittime e alla subacquea: una politica che frutta all’arcipelago maltese circa il 25% del PIL, ed una crescita costante del settore turistico. Ancora, nelle acque del comune croato di Medulin, nei pressi di Pola, entro l’estate verrà fatta affondare la “Vis”, la nave ammiraglia della flotta di Tito, che si appoggerà su un fondale di 32 metri per divenire meta di escursioni subacquee: anche la Croazia punta alla promozione massiccia del turismo subacqueo come nuova opportunità di sviluppo per il paese.

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