Il briefing è solubile?

La frase del titolo l’ho rubata a Claudio Di Manao (ma gliela restituisco subito attraverso la citazione), al suo primo libro, Figli di una Shamandura.

È una di quelle frasi che andrebbero incise nel marmo, che in poche parole acute riflette una grande verità. Molti subacquei ascoltano attenti il briefing pre-immersione, magari fanno anche delle domande, sembra che abbiano capito e assimilato. Poi entrano in acqua e fanno tutto il contrario di quello che il divemaster, con pazienza, precisione e voce stentorea, aveva scandito. Se le raccomandazioni includevano di fare il primo passaggio sotto l’arco naturale a 15 m per evitare le correnti ascensionali, giratevi: lassù ci sarà di sicuro quello che a 10 m abbraccia i coralli per non pallonare. Che è successo? Non c’è colpa né malizia, è un fenomeno chimico. A contatto con l’acqua il briefing si è dissolto, dimostrando la veridicità del principio scientifico appena citato. Non è la nostra memoria a essere stata indebolita, magari dall’azoto: siamo ancora in grado di ricordare la data della scoperta dell’America, la tabellina del 7… Ma quel tipo lì, il divemaster, cosa ha detto?

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Ma cos’è questo briefing? Parliamo del briefing pre-immersione, tralasciamo quindi il briefing della barca o del diving, in cui si spiega ai nuovi arrivati come sfruttare al meglio la struttura che hanno a disposizione, dove sono i gabinetti, dove appendere la muta bagnata.

Il briefing in due parole, è il momento in cui la guida trasferisce ai clienti (per lo più inesperti della zona) le sue conoscenze sull’immersione che stanno per fare. Intanto ci sono diversi tipi di briefing, come ci sono diversi tipi di divemaster.

 

  • C’è il tipo logorroico, che in un’ora racconta per filo e per segno l’immersione che andremo a fare, descrivendo minuziosamente ogni svolta, ogni pietra, ogni gamberetto che incontreremo, ripetendo più volte dove troviamo sul gommone i giubbotti salvagente… È vero che non ce lo dimenticheremo più, ma ci sono 40 gradi all’ombra e la muta indossata prima della partenza si appiccica alla pelle, ci avvolge e minaccia di strozzarci. Ma  guai a interrompere quel fiume di parole. È come se a interromperlo poi dovesse ricominciare daccapo, e dirci per la centesima volta dove sono sistemati i salvagente. Finito? Possiamo buttarci in acqua? Eccoci, dove ha detto che ci troviamo per scendere?

 

  • C’è il tipo timido, che ha difficoltà a parlare in pubblico. Non c’è niente di male, molti di noi ce l’hanno, e anzi, parlare aiuta a superare le difficoltà. «Ehm…il sito di immersioneeeee… eeeeeeeeeeeeeeeh… si chiama… ehm… aaaaaaaaaaaaaaah… “il faro”… ehm… perchéeeeeeeeee… aaaaaaaaaaaaaaaah… come potete vedere… ehm… ehm… sulla costa c’è proprio un faroooo… ah, ah, ah… aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah…».

 

  • C’è il tipo spavaldo, anche troppo sintetico: «Briefing! Questa è l’acqua. Andiamo, seguitemi!».

 

Dopo il titolo: «L’immersione si chiama… », un briefing dovrebbe contenere, non obbligatoriamente nell’ordine, le seguenti parti:

  • Descrizione rapida del luogo.
  • Comportamento: «Entrata col passo del gigante, ci raduniamo alla cima di prua, all’OK scendiamo. Sul fondo formeremo una fila per due…».
  • Posizione del divemaster nel gruppo «Io guido il gruppo. Mi riconoscerete per le pinne gialle.»
  • Pericoli della zona, con consigli su come affrontarli: «Arrivati sulla punta è possibile incontrare una corrente forte, se è troppo forte per proseguire ci giriamo e torniamo indietro. Guardatemi, vi farò questo segnale…».
  • Animali che quasi sicuramente si incontreranno, con consigli su come osservarli senza disturbarli: «Nella grottina vive un grosso astice, avvicinatevi piano per vederlo, e senza sollevare la sabbia del fondo».
  • Segnali manuali di base, e segnali non comuni che verranno utilizzati nel corso dell’immersione: «Questo è il segnale che vi farò se localizzo un polpo imitatore».
  • Raccomandazioni utili e procedure di emergenza: «Segnalatemi quando arrivate a 100 bar e a 50 bar, attenti al vostro compagno di immersione».
  • Raccomandazioni per la conservazione dell’ambiente (non abbattere i coralli a pinneggiate e simili).

 

E poi ognuno aggiunge le cose che conosce meglio. I miei briefing sono sempre stati ricchi di dettagli sulla biologia ed ecologia del sito, ma poveri ad esempio di dettagli storici (sui relitti, argomento su cui mi considero ignorante, e non me ne vogliano gli appassionati).

 

Alcuni errori da evitare:

  • Avventurarsi a parlare nel dettaglio di quello che non si conosce bene: rischiamo che il saccente di turno ci smentisca clamorosamente. «Potremo vedere dei pesci pappagallo Scarus cretensis, sono dei migranti lessepsiani». «Veramente il nome aggiornato è Sparisoma cretense, e non è un migrante lessepsiano, semmai una specie di origine Atlantica ambientata in Mediterraneo molto prima che fosse aperto il canale di Suez».
  • Spendere troppe parole su qualcosa che non siamo sicuri che vedremo, creando false aspettative. È rimasta proverbiale la frase «Sometimes we see manta» con cui un divemaster concludeva sistematicamente ogni briefing durante una crociera. La manta non la vedemmo mai durante quella crociera, ma è entrata nel mito.
  • Non introdurre elementi a sorpresa, mai improvvisare: una volta allagai una custodia fotografica perché al divemaster venne in mente appena eravamo entrati in acqua di fare il ripasso dei segnali manuali. Per fare in superficie OK, su, giù, qualcosa non va, rimandai a dopo il controllo rituale della custodia che, chiusa male (colpa mia), si stava riempiendo di acqua… Quando il briefing è finito, è finito, basta!

 

Nei filmati, due interpretazioni creative del concetto di briefing.

 

 

« Ci sono domande? No? Andiamo allora, e ricordatevi: il briefing è solubile».

Ogni riferimento a persone o cose realmente esistenti

o a fatti realmente avvenuti

è… fate un po’ voi! Vi sembra che davvero possa essere casuale?

E per voi come è il briefing ideale? Siete d’accordo sul fatto che sia solubile?

Avete la formula per renderlo stabile? Diteci la vostra di seguito.

4 Risposte

  1. claudio di manao
    |

    Bellissima esposizione e grazie per il quote 🙂

    – SI è decisamente solubile e la temperatura dell’acqua entra in gioco anche qui: più è calda e prima entra in soluzione.

    – L’elemento che può stabilizzare il briefing all’interno del subacqueo è un po’ di sano TERRORE.
    la paura di fare la fine degli altri cento che s’erano immersi prima in quel luogo
    o la paura di incontrare un salty, o toccare uno dei miliardi di pesci pietra che popolano il reef, o i nudibranchi torpedine sui coralli…
    aiuta a mantenere il briefing all’interno dei processi neurali del sub.

  2. Massimo Boyer
    |

    Il ruolo positivo del terrore… Ballard docet!

  3. Graziano
    |

    Anche a me capita che in talune occasioni le persone che fanno immersione con me, siano colti da una improvvisa e repentina amnesia su tutto quello che si era detto prima,la cosa divertente e che in superficie si fanno le coppie e ripassa mille volte chi sia il proprio compagno, appena messa la testa sotto acqua faccio il segno di stare col proprio compagno e quelli ti guardano con gli occhi lessi come se parlassi con un allievo altro che ricordarsi chi era il proprio compagno

  4. marco
    |

    Devo ammettere che i briefing sono solubili anche per me anche perchè non mi danno mai informazioni dettagliate, non tengo il logbook e poi sott’acqua mi basta seguire la guida.

    Però dipende sempre da chi li tiene, é suo compito e dovere interessarmi e se non lo sa fare non é colpa mia :PPP

    Ci sono briefing storici e mitici che non dimenticherò mai, quasi più belli delle immersioni che sono seguite. Altri invece noiosissimi e stufosi…

    In ogni caso si, in genere è molto solubile!

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