Calamaro, fantasma notturno

Se penso che la maggior parte di noi umani quando sente la parola “calamaro” la associa a quegli anelli di un mollusco che conosce per lo più sotto forma di frittura… a dir poco mi vengono i brividi!

calamaro

Eppure sono veramente pochi a conoscere questo splendido mollusco cefalopode nelle sue vere sembianze, cioè vivo nel suo ambiente. Molti lo avranno al massimo visto intero sul banco del pesce, e anche tra i subacquei son pochi coloro che hanno avuto e che hanno la fortuna di incontrare e osservare questa creatura in natura. Forse qualcuno risale al suo aspetto facendo riferimento al mitico calamaro gigante, sovente illustrato con fantasia in qualche film o proposto con maggior verità nei documentari in tv. Ma il calamaro del Mediterraneo, quello a cui mi riferisco, è una creatura praticamente quasi sconosciuta da viva. La conoscono al più i pescatori di superficie che hanno il piacere di osservarlo sotto il pelo dell’acqua preferibilmente di notte. Il nome comune ha lo stesso etimo di “calamaio”, dal greco kalamos, che da astuccio per penne è passato a indicare nel medioevo il vasetto dell’inchiostro, con allusione al secreto difensivo di colore nero che emette quando minacciato. Il nero, detto anche inchiostro, è tipico dei cefalopodi, ma non tutti lo usano allo stesso modo e nonostante il nome, il calamaro non lo usa se non quando avverte davvero il pericolo.

Il calamaro comune (Loligo vulgaris) è caratterizzato da una conchiglia interna (detta gladio o penna) e corpo piuttosto allungato, con due pinne laterali triangolari particolarmente grandi rispetto al mantello del mollusco, che raggiungono l’estremità posteriore della sacca. Possiede 10 tentacoli (decapode), di cui 2 più lunghi ricoperti all’estremità da ventose peduncolate. Il colore è rossiccio cangiante, a volte roseo o rosa giallastro con screziature rossastre.

L’articolo continua su Scubazone n. 37

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