Da grande farò l’astronauta

All’inizio c’è un odore.

Avrò avuto al massimo cinque anni, perché ancora non andavo a scuola. Il giorno prima m’avevano regalato una maschera, di quelle che puzzavano forte di gomma e talco, e un paio di pinne rondine per bambini. Puzzavano bene anche quelle,

Quell’odore m’è rimasto addosso per tutta la vita. Tanto che, quando ci penso, ancora precipito in un abisso luminoso: stelle marine, conchiglie, pesci. Cavallucci. I giochi di luce delle onde sul fondale. Le increspature sulla sabbia. Il mistero bluastro degli scogli e dell’ombra, nelle grotte, sotto i pontili. Ma se mi chiedevano ‘cosa farai da grande?’ io rispondevo:

‘l’astronauta’.

Expedition 30 Landing

Tutta colpa di 2001: odissea nello spazio.

I film di Bond già circolavano da almeno dieci anni, ma non mi ci portavano. In compenso avevo visto Odissea almeno tre volte inseguendolo nei cinema parrocchiali e di terza. Le astronavi mi piacevano un casino, senza parlare delle tute spaziali. Avevo continuato ad andare con maschera e pinne ed imparato a fare due cose: a compensare e ad iperventilare – che poi si rivelò una pratica pericolosa. Per le bombole dovevo aspettare. Come per diventare astronauta.

Thunderball, ancora non lo sapevo, era il film dei record per le scene girate sott’acqua. E in Dr. No (007 licenza di uccidere) una indimenticabile Ursula Andress con maschera e coltello – la fissa dell’epoca era di andare sott’acqua armati –  spunta dal mare come una Venere di Botticelli.

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