L’ippocampo resiliente

Riprendiamo in discorso sugli ippocampi, inevitabilmente affrontato più volte per via della notorietà di un pesce tra i più misteriosi del Pianeta Oceano (o Pianeta Terra se preferite), per comprendere come possa, ancora oggi, resistere e riprodursi lungo le coste un pesce il cui habitat è tra i più minacciati dalla presenza e dall’impatto umano.

Un pesce tra i più singolari, una delle creature più bizzarre che si possono trovare in mare, forse il pesce più affascinante, inno alla bellezza e alla tenerezza, di aspetto unico e inconfondibile nel mondo animale,  insolito nel suo stile di vita, che lo porta a frequentare i fondali poco profondi e più prossimi agli ambienti costieri da sempre popolati dall’uomo, il cavalluccio marino vive ancora nei mari del mondo e, in particolare, anche in Mediterraneo.Ippo Tura (14) copia

Plinio il Vecchio descrisse forse per primo il cavalluccio marino (23-79 d. C.) attribuendogli il nome di “hippus”, dal quale deriva l’odierna denominazione. Il nome greco nasce dalla fusione di Hippos (cavallo) e kampos (mostro di mare). Naturalisti d’altri tempi riferiscono che la polvere ottenuta dai suoi resti era usata in farmacopea. Si parla di cavallucci arrostiti e applicati sulle ferite, della sua polvere miscelata con l’aceto o col miele per creare miracolose pomate, e di molti altri usi davvero strani. Ma l’ippocampo, spiegava Eliano, poteva risultare al contempo tossico o persino velenoso.

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