Minisub: pinneggiando nel paese delle meraviglie

“Dopo l’istante magico in cui i miei occhi si sono aperti nel mare, non mi è stato più possibile vedere, pensare, vivere come prima” (Jacques Yves Cousteau).

Avevo otto anni quando questa frase ha acquisito, per me, pieno significato.

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Sono nato in una famiglia di sommozzatori ed il mare è sempre stato una costante nella mia vita di bambino, attorniato dalle fotografie di mio papà, circondato da mensole colme di libri di immagini e biologia, e con i documentari dei coniugi Taylor sempre nel cuore. Quella frase, tuttavia, non era mai stata qualcosa di più che un semplice aforisma stampato sul manifesto del nostro club di subacquei, a caratteri bianchi, accanto alla foto di mia mamma: capelli sciolti, muta gialla, all’esterno del relitto del Carnatic (Sha’b Abu Nuhas, Egitto, n.d.r.).

Avevo otto anni, dicevo, quando per la prima volta “i miei occhi si sono aperti nel mare”, immerso nelle splendide acque del Mar Rosso, con la mano nella mano di mio papà; attorniato da pesci variopinti, tra coralli meravigliosi, cullato dalla dolce risacca dei flutti che incontrano la barriera corallina nei primi metri d’acqua, finalmente anch’io potevo muovermi in tre dimensioni, finalmente non ero più spettatore, ma protagonista, nell’Acquario di Madre Natura, colmo di un’emozione difficile da descrivere, probabilmente paragonabile a quella sensazione che si prova appena nati, al  primo respiro, di cui non serbiamo memoria.

Per l’articolo completo leggete Scubazone 42

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